TESTIMONIANZE: Lettera a Martina

Cara Martina,
sono qui a prendermi del tempo per pensare al futuro, in particolare rivivendo le cose belle e brutte di questi anni. Penso a te come a un grande regalo, lo sei stata e sempre lo sarai. Penso al futuro come un’opportunità, tanto per me che per chi verrà dopo di noi a vivere tutto questo, perché ogni bambino che ci lascia ci insegna e ci dona un po di sé. L’esperienza di averti avuto vicino e seguito come da tuo e mio desiderio che è terminata a casa nostra con l’affetto dei nostri cari e del personale sanitario che da sempre ci ha seguito in questi anni.

Penso di essere stata tante volte presa dal dubbio di riuscire, ma la voglia e la tua presenza mi davano forza, la tua stanza è stata tempio e salotto per tutti coloro che venivano a trovarci per portarci un sorriso e dare un po di aiuto.

Sei stata capace, pur nel tuo silenzio, di insegnare a tutti noi il dono della sofferenza. Mai da parte nostra c’è stato il dubbio che tu non fossi felice di esserci.

È  stata dura vederti andare, dura come non mi sarei mai aspettatta, ma nel mio profondo sento che ho fatto tutto e più di tutto, ho dato tutta me stessa cercando risposte e mettendomi in discussione, mai con approssimazione ma solo contando sulle mie forze e sull’amore infinito che mi lega a te.

Tutto è partito da un colloquio con i medici che ti seguivano, il giorno più brutto della nostra vita, ma anche il giorno della nostra svolta: sembrava che si fossero aperte le porte di una stanza segreta e sconosciuta, ma che in qualche maniera ci faceva sentire protagonisti delle nostre scelte future. Per la prima volta eravamo noi a scegliere e non i medici o la malattia a scegliere per noi.

Ci rimaneva poco tempo, ma questo tempo era finalmente nostro e solo nostro, mi si accese una lampadina: cosa poteva essere la nostra vita da qui in avanti?

Un calvario di mesi in una stanza di ospedale oppure una avventura mai provata: riorganizzare la nostra  vita con te a casa.

Non facile da realizzare, per alcuni impossibile, ma non per me.

Man mano che passavano i giorni in quella stanza di ospedale provavo sempre più forte il desiderio di uscire per creare una nostra vita fuori da lì.

Ci rimaneva poco tempo, ed era tutto nostro quel tempo.

Cercavo di apprendere il più possibile dalle infermiere, tutto quello che mi sarebbe servito per dopo, e facevo tesoro di ogni consiglio, finchè arrivarono tutti i presidi a casa e venne il giorno di uscire dall’ospedale.

Nel tragitto tra l’ospedale di Borgo Trento e casa tante sensazioni si mescolavano dentro di me, tra felicita’ e dispiacere, perchè sapevo che quello sarebbe stato un addio.

A casa c’era tutta la nostra famiglia che ti aspettava , tua sorella era li, e non vedevano l’ora di vederti, ma per loro è stato terribile vederti così cambiata dalla malattia.

Ma misero da parte il loro stupore e ti abbracciarono forte, tu eri al centro di tutto, al centro del nostro mondo.

I momenti più belli nella quotidianità, il bagno era un momento di sorrisi, anche solo fare la peretta era diventato un momento per ridere , la fisioterapia fatta come un gioco, mai era stato cosi prima d’ora. Tutto era dipinto del colore che tu amavi e la tua cameretta piena dei tuoi giochi preferiti. 

Alla sera eri a tavola con noi , si parlava della giornata, del più e del meno e tu ti sentivi parte di tutto questo.

Abbiamo giorno dopo giorno trovato mille strategie diverse perchè tutto fosse normale. Vivevamo un giorno alla volta, senza fare grandi progetti, ma godendo di questi momenti insieme.

I nostri nonni  sempre presenti, sempre positivi e sorridenti, il più bel dono.

Ogni giorno ci inventavamo qualcosa, giocavamo a carte, prendevamo il sole in poggiolo , la zia Ilaria e la zia Sabrina, lo zio Simone… ognuno portava qualcosa di bello.

Ed ogni giorno la paura di perderti si alternava con una quotidianità fatta di piccole cose e di grande amore. Sembrava che il tempo si fosse fermato e che tutto dovesse continuare. Ma non fu cosi. Piano piano la malattia si era ripresentata e  non si sarebbe fermata. Si notavano piccoli ma inesorabili peggioramenti, ma tu non mollavi e non hai mai mollato fino all’ultimo.

Quel tristissimo giorno eravamo tutti lì intorno al tuo letto, erano venuti anche medici ed infermieri da Padova e tutti per aiutarti in quel passaggio. Sembrava che tu volessi dettare fino all’ultimo le tue condizioni: “Andro’via quando tutti sarete pronti ad accettarlo” e solo allora è successo .

Tutti dovevano essere pronti, anche lo zio Walter che era lontano per lavoro quel giorno. Ma tu lo hai aspettato fino all’ultimo, con una forza di cui solo i piccoli sono capaci.

Tutto era pronto, eri proprio tu quel giorno la protagonista, le tue pause respiratorie sempre più lunghe ci tenevano sul filo del rasoio.

Ma come avrei potuto immaginare tutto questo? Io, una mamma come tante, con anni di malattia e di speranze, adesso non temevo più. Ero pronta a dirti di andare anche se avrei voluto il contrario, ma era troppo difficile vederti ancora cosi.

Dicevamo basta ad ogni respiro, ma tutto questo ci ha insegnato, un mistero profondo, che la vita è comunque un dono in tutti i modi in cui viene vissuta.

Adesso che sono passati tanti mesi, sento ancora di averti qui con me. È stata dura, un’avventura tanto intensa quanto terribile. Mai avrei pensato di poterla raccontare e di poterla condividere con serenità.
Se qualcuno dovesse chiedermi, io rifarei tutto quello che ho fatto, in ogni piccolo particolare, apprezzando ogni piccolo istante di questo tempo con te a casa con noi.

Con infinito amore la tua mamma.

Bryson

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