APPROFONDIMENTI: Le cure palliative nella storia

Vi proponiamo una sintesi di un interessante articolo di Michele Magno tratto dal Foglio Quotidiano. Narra l’evoluzione delle cure palliative portando alla luce alcuni aspetti interessanti e sconosciuti ai più e che spingono a fare alcune considerazioni sul tema che è di estrema attualità e di cui la nostra Onlus si occupa ormai da diversi anni.

L’uomo fin dall’antichità ha cercato di trovare rimedi contro il dolore fisico e lo ha fatto in diversi modi, utilizzando sostanze e tecniche che andavano al passo con i tempi. Quello che più colpisce è però vedere come sia cambiato nei secoli il sentire comune su un argomento così delicato e controverso. Per troppo tempo si è creduto che la sofferenza facesse parte della vita e fosse componente indissolubile della malattia; quasi un percorso inevitabile per giungere la salute e… LA SALVEZZA!

Ora invece in molti atenei italiani sono attivi master di primo livello in cure palliative e in futuro verranno istituiti vere e proprie Scuole di Specializzazione in Medicina Palliativa. È chiaro quindi come la disciplina delle cure Palliative sia diventata sempre più strategica per garantire al paziente una buona qualità di vita, nonostante la convivenza con la malattia. Inoltre il fine vita si riappropria di quella sacralità che ogni uomo merita in quanto tale.

ABBASSO IL DOLORE
di Michele Magno

SINTESI DA IL FOGLIO QUOTIDIANO DI SABATO 25 E DOMENICA 26 GIUGN0 2022

Ogni interpretazione della sofferenza che chiude gli occhi dinanzi alle vittime e s’identifica con una giustizia che dovrebbe stare dietro la sofferenza, è già in cammino verso il sadismo teologico che vuole intendere DIO come colui che tormenta. (Dorothee Solle)

Fin dall’antichità più remota, le pratiche della medicina e della chirurgia erano accompagnate da terribili sofferenze. Si trapanava un cranio, si amputavano arti, si asportavano tumori o denti e sempre con paziente sveglio, scalciante e urlante.

Presso alcune civiltà trovava spazio qualche modesto rimedio: in Mesopotamia la compressione delle carotidi per provocare la perdita dei sensi mediante ipossia; in Egitto la cosidetta pietra di Menfiche, applicata in polvere o impiastro sulla parte del corpo da tagliare o da bruciare, induceva un effetto analgesico. Secondo Plinio il vecchio (23-79 d.C.) la mandragora o mandragola, aveva proprietà sedative; probabilmente quell’erba era conosciuta anche da Ippocrate (460-370 a.C.).

Intorno alla età del Cinquecento, Paracelso coltivò le virtù analgesiche di una sostanza da poco inventata (1540) Il suo scopritore, Valerius Cordus, l’aveva chiamata olio dolce di vetriolo. Diventerà nota come etere dietilico. Al geniale alchimista svizzero-tedesco si deve anche la scoperta del laudano, ottenuto macerando oppio in alcool. Tuttavia, come scrissero due illustri storici della medicina, ciascuna di queste sostanze veniva adoperata come con finalità PALLIATIVE e non per aggredire alla radice il dolore fisico.

Ma è il 18 ottobre del 1846 che il primario chirurgo Warren asporta un tumore al signor Edward Abbot anestetizzato con etere dietilico. A memoria di questa storica conquista, l’anfiteatro dell’ospedale di Boston, visibile ancora oggi, verrà chiamato ETHER DOME (cupola dell’etere). L’opinione pubblica è discordante: alcuni esprimono stupore e ammirazione, altri giudicano l’anestesia un intervento del Maligno impossessatosi dell’anima del malcapitato.

Molti medici la usano, altri perplessi la considerano un capriccio da smidollati.

Il dibattito si infiamma quando le varie confessioni religiose prendono posizione generalmente avversa, laddove si proclama la necessità del dolore come punizione divina o come espiazione dei peccati. Anche la chiesa anglicana si oppone ma viene poi smentita dalla regina Vittoria che nel 1853, giunta all’ottavo parto e stanca di soffrire, ordina la sedazione con il cloroformio (per questo motivo il parto indolore sarà anche chiamato “ il parto della regina”).

Nell’ottobre del 1956 i medici anestesisti italiani, riuniti in congresso, rivolgono a papa PIO XII tre quesiti riguardanti la compatibilità della narcosi con la legge naturale e con la dottrina cattolica; ovvero se si potevano utilizzare anche di fronte al rischio di accelerare il decorso mortale del malato. Le risposte del pontefice, che pure era ritenuto vicino all’ala più conservatrice della Curia, furono sorprendenti. Infatti in un lungo discordo del 1957, affermò con forza la liceità del decorso ai narcotici in TUTTI I CASI affermando: ”L’uomo conserva il diritto di dominare le forze della natura, di utilizzarle al proprio servizio, mettendo a profitto tutte le risorse che essa gli offre per evitare o sopprimere il dolore fisico”.

Queste parole segnavano una pietra miliare nella storia delle cure palliative attraverso l’uso di oppioidi. Quindi non è vero che “SIAMO NATI PER SOFFRIRE” ma è consolidato il fatto che attraverso le cure palliative ci si prefigge di migliorare la qualità della vita individuale e con lei quella della società intera. Non è poco ci sembra!

Bryson

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